Il decennio epico e la realizzazione della “Fortezza”

Il “fabbricato pittoresco”, fatto erigere da Niccolò Puccini su una preesistente impostazione colonica, in mancanza di documenti certi, è datato intorno agli anni trenta dell’Ottocento sulla base di riferimenti epistolari e di contingenze storiche e culturali. Nel decennio “epico” (1820-1830), caro a Stendhal per “l’italico ardore”, le velleità reazionarie e filoaustriache nella Toscana granducale della Restaurazione furono controbilanciate dalla politica moderata e autonomista dei ministri Vittorio Fossombroni e Neri Corsini. Nel frattempo si veniva delineando la formazione di tendenze liberali e democratiche. Le prime avrebbero predominato a Firenze intorno al “circolo” di Vieusseux e all’“Antologia”, che è un esempio di cultura nuova “filosofica e tecnica” aperta al commercio con la letteratura italiana ed europea più progredita, a cui non sarebbe rimasto estraneo Niccolò Puccini. Le esigenze democratiche avrebbero, invece, prevalso a Livorno con Bini, Guerrazzi, 1’”Indicatore livornese” e presso gli studenti dell’Università di Pisa grazie all’insegnamento di Centofanti e al proselitismo di Montanelli, creando la saldatura con il movimento mazziniano della Giovine Italia, nonché con il socialismo utopico e riformista.


La formazione pucciniana

Per Puccini, rimasto unico erede di un ingente patrimonio – dopo la morte nel 1824 del fratello Domenico – e della tradizione familiare di cultura e di mecenatismo artistico (basti pensare allo zio Tommaso Puccini dalla fine del Settecento direttore della “Real Galleria” fiorentina), il decennio coincise con il periodo di maggiore distacco dal potere granducale e con il completamento della propria formazione. A tale scopo furono determinanti il viaggio “ortisiano” in Italia che lo mise in contatto con Pietro Giordani e il tour europeo del 1826, soprattutto per gli influssi ideologici e figurativi riportati dall’esperienza inglese. In Inghilterra Puccini rimase attratto da una civiltà assunta a garanzia di ordine illuminato e di giustizia, mentre subiva il fascino dell’arte dei giardini inglesi. Fu inoltre importante, per le tendenze liberali, la frequentazione fiorentina di Giovan Battista Niccolini e del “circolo” di Vieusseux durante i mesi invernali. Nel trattempo, infine, il Puccini instaurava un’amicizia con Francesco Domenico Guerrazzi – personaggio di tendenze democratiche – insieme a una collaborazione culturale e artistica testimoniata da un epistolario importante.


Il Risorgimento nel Parco Puccini

Ad abilitare la realizzazione pucciniana del Parco romantico di Scornio come “crogiuolo della cultura nazionale del Risorgimento” (Sisi), oltre alle simpatie giovanili per l’Indipendenza americana e la lotta del popolo greco contro la dominazione turca, interveniva l’opera di organizzatore della cultura pistoiese intorno al gruppo di amici e collaboratori del “circolo di Scornio” soprattutto con la creazione della Società degli Onori Parentali ai Grandi Italiani. L’intento celebrativo pubblico dei grandi letterati, artisti e scienziati italiani consisteva nel “confortare la stanca virtù dei presenti, ricordando loro il felice ardimento dei passati”.


La “Fortezza” e i suoi interni

Di questo stesso intento civile e patriottico fa parte la realizzazione del Castello gotico o Fortezza al lago. Alle nostalgie illuministiche degli edifici neoclassici (il Tempio di Pitagora, il Pantheon) succedevano le “fabbriche pittoresche” del Castello gotico e del Romitorio, ispirate al revival medievale europeo (dagli inglesi Walter Scott, Walpole, Barry, Pugin, al tedesco Schinckel) o alla disfida cinquecentesca tra italiani e stranieri del romanzo di Massimo d’Azeglio (Ettore Fieramosca o la disfida di Barletta, 1833) e all’ultima difesa della libertà del popolo fiorentino nell’Assedio di Firenze, pubblicato da Guerrazzi nel ’36. Stanno a testimoniarlo i busti di due eroi antimedicei, Pier Capponi e Filippo Strozzi, che fanno bella mostra di sé nelle nicchie frontali dell’ingresso neogotico nella “Fortezza”. Senza dubbio, nella galleria di magnati, affrescata da Ferdinando Marini e da Bartolomeo Valiani nell’ingresso e nel foyer neogotici del “Castello”, sono presenti i suggerimenti laico-ghibellini di Giovati Battista Niccolini, autore delle mitografie tragiche dell’ Arnaldo e di Francesco Domenico Guerrazzi, per non parlare dell’assunzione, fatta propria, della lezione di Alfieri, Foscolo e delle Canzoni civili di Leopardi. Non a caso, nella galleria gotica dei Castruccio, Uguccione, Farinata, Carmagnola, Giovanni delle Bande Nere, Pier Capponi e Filippo Strozzi, ai personaggi emblematici del Rinascimento spettava il compito di suggerire l’opposizione alla tirannide. Allo stesso modo, nel monumento a Francesco Ferrucci eretto nelle vicinanze del castello, in parallelo con l’intento simbolico del romanzo di Guerrazzi, veniva esaltata la libertà del popolo fiorentino durante il breve spazio repubblicano, tutelata da Savonarola e difesa da un pugno di eroi. Del resto, la conferma, che la “bizzarra e ad un tempo moderna fabbrichetta […] abbellita dal carattere dell’ornamento che è ad imitazione del Gotico così detto feudale” (Perizia estimativa del possedimento di Scornio,1859), offra tuttora “i gusti di diversi secoli di ferocia e di valore, di guerre e di libertà, di amore e di energia” si ricava non solo dalla lettera di Luigi Leoni del 1830, ma dalla stessa struttura turrita e merlata alla ghibellina, cosparsa di stemmi dei liberi comuni e affocata dal colore rosso dominante anche nelle decorazioni trecentesche degli interni neogotici, in un contrasto figurativo con gli stucchi candidi del “bagno pompeiano” e della neoclassica “sala bianca”. Se poi al mondo astratto, ideale, di un tempo che fu, si aggiunge quello concreto dei boschi che regalano una fugace festa cromatica culminante nell’estate di “San Martino”, è evidente che ci troviamo di fronte a un altro luogo unico da valorizzare e far conoscere di questa Italia, uno dei Paesi più belli del mondo che Puccini intendeva far rivivere, almeno in forma di miti e di storie esemplari, in uno dei periodi bui della nostra vicenda nazionale.