La Villa Bonacchi con il parco romantico circostante, disseminato di “memorie” (edifici, monumenti, colonne, epigrafi), rappresenta la parte più intatta e cospicua, sopravvissuta allo smembramento dell’antico Giardino Puccini. Tale Giardino fu iniziato da Maddalena Brunozzi (1782-1836) e da Domenico Puccini nel 1822 e fu proseguito e completato da Niccolò Puccini (1799-1852, figlio di Maddalena e fratello di Domenico) nel corso di un trentennio, fino a raggiungere l’estensione ragguardevole di 123 ettari, da Porta al Borgo alle propaggini dell’Appennino tosco-emiliano. Il progetto dell’antico parco romantico voluto da Niccolò rifletteva le suggestioni dei giardini all’inglese ammirati dal nobiluomo pistoiese, patriota, filantropo e mecenate, durante i viaggi in Italia e in Europa. Negli anni Quaranta dell’Ottocento il complesso poteva dirsi definito negli spazi naturali, arricchiti di contenuti ideali e pedagogici grazie alle “fabbriche pittoresche”, ispirate per le potenzialità spirituali e patriottiche alla rinascita gotica che dall’Inghilterra di Pugin e Barry alla Germania di Schinkel aveva raggiunto in Italia l’avanguardia artistica più irrequieta. Si riconoscono anche tre percorsi nel Giardino: artistico, patriottico e scientifico, i cui punti di riferimento sono segnati da monumenti, cippi, statue e colonne. Sono sopravvissuti alle lacerazioni del tempo e all’incuria dell’uomo, indotta dalle contingenze storico-patrimoniali subite dal complesso, la colonna dedicata a Gutenberg, quelle “gemelle” già sormontate dai busti di Raffaello e di Canova, il monumento a Carlo Linneo, l’emiciclo di Galileo (un tempo completato dalle statue di Torricelli e di Viviani), il monumento a Michelangelo Buonarroti (posto ora all’interno del Pantheon), il monumento a Dante Alighieri, alla Commedia (in origine collocato tra i due laghi sul luogo dell’attuale colonna), a Francesco Ferrucci, all’Industria, all’Amicizia, il Piazzale delle Belle Arti, il Tempietto che conteneva il busto di Tommaso Puccini, la Madonna delle Vigne, la colonna spezzata (proveniente da un altro monumento, posta ora sul basamento originario della Commedia). Nell’accezione romantica il parco era il risultato dell’opera della natura (colline, rocce, caverne, cascate, ampio uso di masse arboree di alto fusto e di arbusti esotici dai colori stagionali variabili) e di intenti educativi e didattici. A divulgarli concorrevano i padiglioni architettonici selezionati in base alla capacità di esprimere il legame con la natura (le fabbriche neogotiche, le capanne rustiche o case di tronchi affidate alla resa mimetica della pittura, come la casa del lavoratore annessa al Romitorio, o il Caffè rustico inserito nell’ala sud-est del Castello), lo “scopo civile” (il Castello di gusto “trobadorico” che troneggia a specchio del lago con i merli ghibellini, torre e torrette di scolta, ponte levatoio, stemmi dei Comuni, a ricordare “l’idea dei fortilizi che le repubbliche italiane innalzavano a salvare il territorio dalle invasioni nemiche”), o la vittoria del tempo (i ruderi). Infine, si cercava di stimolare la meditazione malinconica (il calvario), di impostare un traguardo ottico a cui tendere (la torre), di dilatare lo spazio con la rifrazione delle aree circostanti (il lago con l’isola).